31 Luglio 1937 - 9 Ottobre 2024
Lui è il MAESTRO.
Il Maestro Shirai Hiroshi è nato a Nagasaki (Giappone) il 31 Luglio 1937, aveva da poco compiuto otto anni quando venne sganciata, dal B-29 Bockstar la seconda atomica sul Giappone il 9 Agosto 1945. Il M° Shirai inoltre dall'età di diciotto anni fino a ventitre ha frequentato l'Università di Komasawa, ....
.... che è un'Università Buddhista, Zen Soto. Il giovane Maestro universitario quando era diciottenne si alzava presto al mattino, viveva con i Monaci o con i novizi, che stavano studiando l'università, ed ebbe la straordinaria fortuna di vivere cinque anni vicino al Maestro Zen Sawaki Kōdō insegnante di "letteratura Zen" e di "pratica dello Zazen" inizia così il suo percorso formativo laureandosi in Geologia.
Il Maestro decide di iniziare la pratica del Karate dopo aver visto alcuni filmati di Karate eseguiti da alcuni Maestri della J.K.A. tra cui Nakayama, Nishiyama e Kase.
Nel 1955 sotto la sapiente guida del Maestro Hidetaka Nishiyama, e il Maestro Tsujima presso l'Universita di Komazawa inizia il viaggio della sapienza del Maestro Hiroshi Shirai.
Il suo percorso formativo la dice lunga sulla caparbietà e sulla volontà del Maestro così nel 1957 ottiene il 1° Dan.
Nel 1959 ottiene il 2° Dan.
Sempre nel 1959 vince con un 1° posto i Campionati Nazionali Universitari.
Nel 1960 Inizia il corso per Maestro presso la J.K.A., i Maestri docenti del suo corso erano: Nakayama, Nishijama, Kase e Sugiura.
Nel 1961 ottiene il grado di Istruttore e ottiene il 3° Dan.
Sempre nel 1961 conquista con un 2° posto i Campionati Nazionali Giapponesi.
Nel 1962 Vince con il I° posto i Campionati Nazionali Giapponesi.
Nel 1963 ottiene la qualifica di Maestro.
Nel 1964 ottiene il 5° Dan.
Nel 1965 da Febbraio ad Ottobre insieme ai Maestri Kase, Kanazawa, Enoeda partecipa a diverse dimostrazioni e sessioni d'insegnamento in USA, Europa e Sudafrica.
Dopo tali esperienze decide di stabilirsi definitivamente in Italia dove inizia il suo lungo percorso di formazione della nuova forza motrice forgiando i migliori maestri ancora attivi nella nostra Federazione.
Nel 1966 Fonda A.I.K. (Associazione Italiana Karate).
Nel 1969 ottiene il 6° Dan.
Nel 1970 Fonda la mitica Fe.S.I.Ka (Federazione Sportiva Italiana Karate) che consegue innumerevoli risultati a livello mondiale.
Nel 1974 ottiene il 7° Dan.
Nel 1978 E' l'artefice principale dell'unificazione tra la Fe.S.I.Ka e la F.I.K
.
Nel 1979 Fonda I.S.I. (Istituto Shotokan Italia).
Nel 1986 ottiene l'8° Dan.
Nel Novembre del 1989 insieme ad un gruppo di Maestri e futuri dirigenti fonda la F.I.K.T.A. (Federazione Italiana Karate Tradizionale e Discipline Affini) di cui è Direttore Tecnico.
Nel 1999 ottiene 9° Dan.
Nel 2011 riceve una delle più alte onorificenze concesse dal Ministro degli Affari Esteri nipponico
Nel 2011 Pubblicazione del riconoscimento del Ministro degli Affari Esteri – anno 2011 (28 Luglio 2011).
Nel 2011 riceve per mano del Presidente Prof. Achilli Gabriele il 10 Dan.
Negli anni ottanta è presidente della Commissione Tecnica e Commissario Tecnico delle nazionali che si sono susseguite. La Federazione ha già raccolto nelle sue fila oltre 500 società, 25.000 iscritti e 1.000 tecnici, di gran lunga fra i più qualificati a livello nazionale, oltre ai migliori atleti, vincitori di numerose medaglie d'oro sia in campo europeo che mondiale.
(Fonte F.I.K.T.A.)
Il Maestro negli ultimi anni ha sviluppato un nuovo standard di Bunkai per tutti i Kata dello stile Shotokan.
Nel Giugno del 1976 pubblica il "Manuale di Karate" nel quale si possono ritrovare tutti gli spostamenti e tutte le tecniche dei Kata dello stile Shotokan. Il Maestro indica la strada, la Via. Nella presentazione un importante messaggio del Nostro MAESTRO!
Nonostante la grande diffusione che ha fatto registrare in questi ultimi anni il Karate non è stato ancora pienamente compreso ne valutato per quella straordinaria potenzialità formativa, sul piano spirituale, che racchiude nei fondamenti ideologici sui quali si basa.
L'opinione corrente continua a ritenere il Karate un'attività violenta e prevaricatrice giustificando la sua diffusione come una logica conseguenza di un'epoca sempre più povera di valori spirituali e sempre più dominata dalla sopraffazione. È soprattutto per queste scoraggianti constatazioni di fondo che desidero esporre un pensiero di origine morale nell'intento di far comprendere quale debba essere il sostrato ideologico con cui affrontare il Karate-Dō, la "Via del Karate", per farle acquisire un valore più alto di quello meramente Ginnico - Sportivo e conseguire, attraverso di essa, un miglioramento di se stessi altrimenti non raggiungibile.
Il punto di partenza deve essere la considerazione che, per quanto avanzato sia il grado di civiltà, tutti gli uomini sono largamente imperfetti e per valutare quanto grande sia il margine di perfettibilità consentita all'uomo basta pensare ai progressi compiuti, nel corso dei secoli, dall'umanità nel miglioramento della propria condizione sociale.
Ognuno di noi, pertanto, dovrebbe avere piena coscienza di questa sua incessante possibilità di divenire migliore mediante la ricerca di una perfettibilità che può essere continuo motivo di tormento e di soddisfazione nel medesimo tempo: tormento per ciò che non si è e soddisfazione per ciò che si è riusciti ad essere. Tutta la nostra esistenza deve, quindi, essere animata da una costante aspirazione a raggiungere un punto di perfezione più alto senza, tuttavia, finalizzare questo sforzo al conseguimento di un risultato massimo immediato quanto piuttosto individuando una gradualità di momenti in ognuno dei quali si verifichi non solo la propria condizione ma anche, soprattutto, le cause della propria imperfezione.
La comprensione dello sforzo verso un livello esistenziale sempre più alto è di per se stessa una forma di equilibrio ed una garanzia di forza, di sicurezza, di autocontrollo e di grande beneficio per il corpo e per lo spirito. Tutto questo avrà un sapore ideologicamente diverso se gli sforzi compiuti ed i risultati raggiunti non saranno considerati nei limiti ristretti del proprio ambito personale ma utilizzati quotidianamente per dare un'indicazione agli altri circa la coscienza che la propria dimensione spirituale, per quanto limitata, possa dilatarsi sul piano sociale nella misura in cui cerca nel prossimo un punto di riferimento nel quale realizzarsi.
E' osservazione corrente, rilevare come, ai giorni nostri, vi sia una larghissima parte di uomini che affermano di aver compiuto atti, ricerche o esperienze ad essi, nella realtà, del tutto sconosciuti. Si comportano così perché, impressionando con le parole, nascondono la loro sostanziale povertà spirituale di cui potremmo anche dolerci se non dovessimo constatare che la generalizzata mancanza di senso critico, la scarsa volontà di approfondire le apparenze ed un crescente disimpegno culturale consentono loro di affermarsi progressivamente raggiungendo risultati che assolutamente non meriterebbero.
E' a questo tipo di uomo che dobbiamo cercare di contrapporre una personalità che, pur cosciente dei propri limiti e pur pienamente convinta di non poter attingere la perfezione, si sforza ogni giorno di correggere i propri errori con pazienza e con umiltà.
Questo tipo di uomo deve costituire il nostro modello comportamentale e non solo per una forma di nostro, personale, arricchimento ma dare un contributo concreto a modificare dal di dentro una società che sembra privilegiare sempre di più chi non merita. E' necessario, in altri termini, essere uomini che sappiano dimostrare con i fatti le proprie capacità mettendo a frutto gli sforzi compiuti per acquisire conoscenze utili a sé stessi ed agli altri.
Importante, ed addirittura pregiudiziale, è avere la convinzione che la ricerca della perfezione nella coscienza della propria perfettibilità è possibile solamente quando il proprio livello culturale, inteso come senso spirituale e non certo nozionistico del termine, è mantenuto alto.
Mantenere alto il proprio livello significa, soprattutto, ripercorrere continuamente il cammino intrapreso rivivendo sempre i vari momenti, i diversi gradi, le necessarie esperienze progressivamente vissute. La ricerca di un vertice sempre più alto non farà diminuire, in questo modo, l'estensione della base di quella piramide con cui si può configurare la vita e la solidità della base è premessa di analoga forza della sommità: un punto estremo di cui si conosce l'esistenza ma che non si sa quanto alto possa essere. Sono queste le fondamenta ideologiche con cui affronto l'allenamento pienamente convinto, come sono, che esso rappresenti la visualizzazione di concetti interiori dai quali tutte le tecniche traggono un valore infinitamente più alto.
Io spero che chi seguirà il mio manuale non perda mai di vista questa introduzione: in caso contrario farà solo dell'ottima ginnastica.
Anche in merito al modo di agire nel Kumite il Maestro ancora una volta mostra la Via; la Via del Controllo e del Rispetto: " ..... Il combattimento rappresenta un aspetto molto importante nella pratica del Karate in quanto costituisce il momento di scontro tra due avversari ognuno dei quali può portare qualsiasi attacco isolato o in successione o in combinazione, avendo lo scopo di superarsi a vicenda senza, tuttavia, colpirsi con deliberata volontà di procurare un danno fisico.
Ciò significa controllo del colpo ed è questo l'aspetto più interessante ma più complesso dell'allenamento del combattimento libero poiché il concetto di controllo del colpo non ha semplicemente un significato fisico ma rappresenta un esercizio mentale vale a dire un esercizio di alta intensità e concentrazione psichica.
...... La sua vittoria, tenuto conto del controllo del colpo che il praticante deve assolutamente esercitare, rappresenterà, quindi, la prevalenza della sua volontà psichica in quanto egli avrà saputo neutralizzare la mente del suo avversario dominandolo con la forza di tutto sé stesso fisicamente e psichicamente proiettato contro di lui. ...... L'avversario dovrà essere affrontato con serenità di spirito e con la piene convinzione di doverne rispettare la capacità tecnica, la dignità personale e l'integrità fisica; Il praticante, in altri termini, non deve mai affrontare l'avversario con l'intenzione di prevalere sul piano fisico esercitando una forza che sarebbe solo brutalità, bensì deve affermare il primato tecnico e psicologico dimostrando di avere messo a frutto in modo migliore i risultati dell'allenamento".
Testo tratto da
http://www.mushotoku.it/storia/HiroshiShirai.php di Davide Rizzo
Sakugawa Teruya Kanga
- Matzumura Sokon Bucho
- Azato Anko Yasutsune
- Itosu Anko Yasutsune
- Higaonna Kanryo
Funakoshi Gichin
- Miyagi Chojun
-
Mabuni Kenwa
- Otzuka Hironori
- Mochizuki Minoru
- Funakoshi Yoshitaka
- Yamaguchi Gogen
Egami Shigeru
- Nakayama Masatoshi
- Tani Chojiro
- Oyama Sosai Masutatsu
- Nishiyama Hidetaka
- Kase Taiji
- Kanazawa Hirokazu
Okazaki Teruyuki
- Mori Masataka
- Yutaka Yaguchi
- Mikami Takayuki
-
Asai Tetsuhiko
- Enoeda Keinosuke
- Shirai Hiroshi
Yamamoto Mamoru
- Miura Masaru
- Oishi Takeshi
- Nanbu Yoshinau
- Osaka Yoshiharu
- Naito Takeshi
-
Kagawa Masao
- Nishimura Seiji